RECENSIONE DI CLAUDIA RAVALDI
Ho incontrato Claudia Cipriani nel 2008, a Milano.
I nostri occhi “zoppi”, si sono riconosciuti in mezzo a cento, trovando gli uni negli altri frammenti di realtà condivisi, pur senza saperlo.
Hanno anticipato, ignari o forse no, lo svilupparsi lento ma inesorabile del progetto che oggi sono orgogliosa di condividere con tutti voi.
Al tempo durante il quarto congresso nazionale di CiaoLapo, una Claudia-medico alle prese con una rivoluzione culturale più difficile di quanto potrebbe sembrare e una Claudia-documentarista dalla fervida immaginazione alle prese con il suo viaggio si incontrano in quello che potrebbe sembrare a posteriori un crocevia: lei e il suo viaggio verso e per Dalia, io e il mio viaggio verso e per Lapo.
Poche parole concitate e veloci come i lampi, un abbraccio e una promessa, “teniamoci in contatto” “sarei felice di vederlo, il film”, mantenuta e coltivata, come tutte le buone promesse, dal progetto del tempo e dall’impegno.
Ed ecco, oggi, 31 Marzo 2013 (31313, curiosa data palindroma piena di tre e di 13…) ottavo compleanno di Dalia, a un soffio dal settimo compleanno di CiaoLapo, sono orgogliosa e felice di presentarvi il primo punto di arrivo, cui le due Claudie e i loro figli sono arrivati, ad oggi.
Lasciando la Baia del Re, il film documentario di Claudia Cipriani è finalmente nato, è finalmente presente, come un dono, nel panorama scarno e silente della cinematografia italiana, dove il lutto perinatale è a dir poco omesso, o quando capita edulcorato allo stremo.
Lasciando la Baia del Re è la storia di uno dei milioni di viaggi, che milioni di genitori iniziano a compiere nel momento in cui sanno di avere perduto un figlio.
Viaggi a volte involontari, eppure necessari, viaggi che chiedono disperatamente di essere fatti, vicini, lontani, a passi brevi o lunghi che siano.
Viaggi che possono persino durare generazioni, o esistenze intere. Viaggi, come quello che vediamo nel documentario, fatti di intrecci, tra persone apparentemente lontanissime e diversissime tra loro, viaggi fatti di sensi allerta o spenti, non si può mai dire.
Viaggi in cui, prima o poi, passi dal buio alla luce, e, una volta nudo, restituisci a te stesso e a chi ami (e quindi anche a Lapo, e anche a Dalia, ideali rappresentanti di tutti i bimbi dalle brevissime vite), una possibilità di esistere, attraverso te stesso e i tuoi piedi in movimento. Esistere, per il fatto di vivere, lo stesso. Anche se il colpo è stato durissimo. Anche se all’inizio del viaggio, o per una buona parte di esso, il senso è smarrito, e il rischio grosso e spaventoso è accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più.
Lasciando la Baia del Re, offre più sfaccettature del Viaggio attraverso il lutto, per esplorare come si conquista, nonostante tutto e tutti, una possibilità.
Per vivere ancora.
Per vivere nonostante tutti i dolori.
Per trovare il sole a mezzanotte, nel cuore.
CiaoLapo è nato nel buio del nulla (e Claudia Cipriani osserva come, prima di CiaoLapo, il buio fosse la norma della vita dopo il lutto perinatale) per sviluppare la cultura e la consapevolezza del lutto perinatale.
Quando Claudia mi ha fatto vedere Lasciando la Baia del Re in streaming, ho aspettato la sera giusta, il silenzio giusto, e ci sono caduta dentro… Non avrebbe potuto essere altrimenti!, in effetti, per l’intensità della storia, la qualità eccezionale delle immagini, e per i mille punti di riflessione che offre ai genitori in lutto. Oggi Lasciando la Baia del Re, finalmente, può essere visto e condiviso anche e soprattutto con chi del lutto perinatale non sa niente, con gli addetti ai lavori, e con chiunque si occupi di sociale, di ascolto e di disagio.
Affinchè sia possibile offrire sostegno ai genitori in lutto, in modo naturale e accurato, è necessario poterne parlare. Le arti visive hanno anche questo compito: rendere conosciuto, e quindi dare immagini e parole a ciò che altrimenti sarebbe condannato a stare nell’oblio.
CiaoLapo ha acquistato mille dvd e fornito il suo patrocinio per la diffusione di questo documentario, in modo che un giorno nessuno possa più dire che “in Italia il lutto perinatale è un tabù”.